ROMA. 27. MAG. Diciamolo con fervore. Il regista livornese Paolo Virzì (Livorno, 4 marzo 1964) si approccia usualmente al Cinema Italiano come il contemporaneo cantore degli outsiders. E con ” La pazza gioia ” assolve pienamente a questo tacito mandato.
Per alcuni aspetti, potremmo accostarlo ai fratelli Dardenne, mai stanchi di portare sullo schermo personaggi dalle vite faticosamente in bilico a livello sociale. Ma certamente prende le distanze dai cineasti belgi per la severità del racconto che certamente non lo contraddistingue, lasciando sempre il posto ad un’irriverente ironia la quale, non comica, ci bacia ” dolce-amara “. Come la vita, come la società italiana nella quale spesso anneghiamo.
In quest’ottica, la pellicola La pazza gioia, (Italia 2016/ Lotus Production, Motorino Amaranto) sceneggiata da Francesca Archibugi e Paolo Virzì, iperbole della teoria de ” I cosiddetti sani “, tanto cara ad Erich Fromm, racconta di un tratto di vita di due donne, caratterialmente molto differenti tra loro, tra cui nascerà una profonda amicizia che si ramifica quasi fino ad un sotteso amore. Sotteso amore che resta implicito per l’intera estensione della pellicola. Le due si trovano entrambe a Pistoia presso Villa Biondi, centro di riabilitazione mentale alternativo rispetto ad una tradizionale detenzione, dove incontriamo altri personaggi femminili di sofferta e preziosa umanità.
Le due, come detto, sono diversissime tra loro; l’una ha le sembianze di un’eccellente Valeria Bruni Tedeschi, che offre una performance superba, la quale interpreta la Contessa Beatrice Morandini, nobile in decadenza che si trova in loco per scontare delle condanne per bancarotta fraudolenta. E’ donna elegantemente esuberante, che si aggrappa alle pregresse frequentazioni dell’Alta Società, in qualità di ex moglie di un Avvocato di grido, al fine di affermare il proprio io. Logorroica, per questo talvolta mal tollerata, è tuttavia accolta ed amata dall’equipe medica di Villa Biondi, per la sua personalità originale e senza dubbio generosa.
Poi c’è Lei, che ha il volto di un’intensa ed introspettiva Micaela Ramazzotti, che interpreta il sofferto personaggio di Donatella Morelli, giovane e magrissima donna, del tutto ripiegata su stessa, chiusa al mondo esterno, dall’aspetto trasandato ed alternative che, nell’interazione con Beatrice, troverà una via di salvezza non solo emotiva. In effetti su Donatella grava l’ombra del passato più scura e tagliente:a seguito di vicende o semplicemente sfumature dell’esistenza decisamente sfavorevoli, le è stato allontanato il suo vero unico amore, il figlio Elia.
Sarà proprio la bizzarra Contessa Beatrice, con metodi strampalatamente professionali, durante una loro fuga dal centro terapeutico in deliberato stile Thelma and Louise, a guidarla sulle tracce della famiglia adottiva del figlio. Ed a ritrovarlo, sebbene non pienamente, visto le ostative questioni giudiziarie. Ma si apre una strada alla speranza, proprio nel punto in cui l’abbandono sembra avere la meglio. Molto intensa una delle scene finali in cui Donatella attraversa diversi campi incolti della Toscana per rientrare a Valle Biondi, quale luogo in cui trovare guarigione per poter essere una madre migliore e dove l’attende il sorriso dolce della sua amica ormai di pelle e d’anima: Beatrice.
E’un film anche sulla tolleranza. Tolleranza giudiziaria; vedasi che il personaggio più pungente, sempre pronto a condannare, è l’assistente sociale Torrigiani, interpretato da Sergio Albelli, al contrario del personale medico, pronto ad assumersi dei rischi, rispetto al Giudice di sorveglianza, al fine di tutelare le due donne. Tolleranza per le vite degli altri che a volte un alito sinistro di vento fa precipitare con difficile ritorno. Ed in tal senso la ” pazzia ” diventa solo una chiave altra di approcciarsi alla realtà circostante. Tolleranza verso noi stessi, perché nessuno è immune da cadute. Ed in fondo il monito è anche quello di apprezzare piccoli frammenti positivi di vita ” Ma è fantastico! Abbiamo la macchina! Ci diamo alla pazza gioia “. Così Paolo Virzì firma una commedia drammatica di acuto spessore e bellezza narrativa, offrendo un decisivo contributo al Cinema Italiano. Da vedere.
Romina De Simone
Leggi l’articolo originale: La pazza gioia. Paolo Virzì, contemporaneo cantore outsiders