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VULCANO, FILM D’ESORDIO JAYRO BUSTAMANTE CHE DENUNCIA TRAFFICO MINORI IN GUATEMALA

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Film " Vulcano " di Jayro BustamanteGENOVA. 22. GIU. ” Vulcano ” od ” Ixcanul secondo il titolo originale, prodotto da ” TU VAS VOIR ” e distribuito da Parthénos e Lucky Red, è un film dell’anticinema del Colossal, che non a caso ha partecipato all’ultima berlinale, aggiudicandosi l’Orso d’Argento.

Opera prima del talentuoso Jayro Bustamante, guatemalteco, è un buon film. Pur riprendendo da vicino delle comunità rurali di ascendenza maya, non scivola mai nell’eventuale accademismo del Documentario, ma conduce lo spettatore  in una bella paesaggistica, appassionandolo. Dal punto di vista della composizione filmica, ha una struttura ad anello, visto che il primo fotogramma che inquadra in primo piano bergmaniano il volto dallo sguardo svuotato della protagonista, mentre la madre le acconcia i capelli alla maniera tradizionale maya, è il medesimo dell’ultimo. Ad indicare che nell’estensione della storia, non si verifica, ahimè, un cambiamento di rotta. Per il resto non ci sono inquadrature particolari. Bei primi piani ed alcune carrellate ben’riuscite..

E chiaramente l’onnipresenza della Natura che è compartecipe dell’esistenza dei personaggi. D’altronde la maggior parte del film è stata girata nelle aree del ” Parque Nacional Volcàn de Pacaya y Laguna Calderas “. Centrale la figura del Vulcano, cui i protagonisti offrono doni e si rivolgono in Preghiera, facendosi il segno della croce mentre ne invocano gli spiriti guida, in una commistione di cristianesimo ed animismo indio, ufficialmente radicato in quest’area del mondo. Tanti gli elementi di matrice realista che sebbene forti, sono testimonianza di un modo di vita che nella nostra società neoliberista abbiamo smarrito in maniera indelebile, come in una delle prime scene in cui la madre della protagonista fa ubriacare i maiali con il room per farli accoppiare per ricavarne successivamente un saporito pasto per gli ospiti. Non insorgano gli animalisti, ma siamo in un altro mondo, quello delle comunità arcaiche regolate dagli antichi codici d’onore, dove non c’è mai la possibilità di scegliere o cambiare, a differenza della nostra pur contestata realtà sociale.

La trama è in apparenza semplice.

Siamo in Guatemala, tra le comunità d’origine maya per l’appunto. In effetti il film che è distribuito sottotitolato in lingua originale, è stato interpretato non in spagnolo ( salvo qualche battuta ) come si potrebbe supporre, bensì nella lingua india d’appartenenza. La giovane Maria, figlia di due campesinos, è promessa in sposa ad Ignacio, uomo vedovo più grande di lei ( chiaramente! ) e signorotto locale che dispensa e sottrae lavoro ai contadini della zona. Maria giustamente lotta per trovare una propria strada ed una propria identità.

Sognerebbe un futuro con Pepe, un giovane bracciante di Ignacio, cui decide di concedersi, illusamente convinta di trovare Amore in lui. Ma per il ragazzo è solo un’avventura. Pepe infatti proprio attraverso i sentieri del Vulcano fuggirà clandestinamente negli Stati Uniti, determinato nel cercare uno stile di vita ” moderno “. Lascerà sola Maria, che da quell’unione è rimasta incinta. Qui inizia un certo dramma. La madre, Luana, una volta appresa la notizia della gravidanza della figlia, si mostrerà solidale alla sua difficile condizione di Donna. In effetti, dopo Maria, che rappresenta il personaggio chiave del coraggio, la madre risulta essere personaggio d’altrettanto impatto, pur essendo “impigliata ” in una realtà in cui le Donne sono evidentemente costrette in rigidi schemi. Salterà momentaneamente il matrimonio con Ignacio. Ma l’elemento peggiore sarà ravvisabile nel morso di un serpente che condurrà Maria ed i suoi genitori presso l’ospedale della Grande Città, di cui loro purtroppo non parlano la lingua ufficiale.

Soltanto qui Jayro Bustamante decide di rivelare l’autentico messaggio del Film. Messaggio di durissima denuncia sociale, sicuramente inascoltata.

Maria si salverà. Ed anche la figlioletta che con sacro rispetto  al Vulcano  porta in grembo. I Medici le faranno credere che sia morta.

Raccapricciante è il Traffico di Minori che ogni giorno si consuma nelle strade e, soprattutto, all’interno dei reparti maternità degli ospedali del Guatemala. Li chiamano ” Jadalores “, i ” ladri di bambini ” che li sottraggano appena nati alle rispettive madri, spesso sedate dai medesimi Medici che sono palesemente conniventi, per un traffico di minori diretti per lo più negli Stati Uniti al fine di essere adottati da ricche famiglie nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore sono destinati ad una vita di sfruttamento e prostituzione oppure ad una ” non vita ” di estrazione e traffico d’organi.

Il tutto con il silenzio complice delle autorità locali, giudici inclusi. Esiste infatti la Commissione Guatemalteca Contro Le Impunità ( CICIG ), confidando riesca ad invertire la rotta giudiziaria. E così il Guatemala da ” Visione Alternative di campesinos ” si converte in uno dei paesi a maggior tasso d’orrore per i minori. Di questa terribile violazione di Diritti, esiste un chiaro riferimento letterario nel libro ” I quaderni del pianto” della cilena Marcela Serrano, sebbene la scrittrice non espliciti la terra teatro d’abusi. Ma il fenomeno è chiaro.

In tal senso, il nostro regista Bustamante ha dichiarato che con questo film intendeva proprio rendere manifesta l’aberrazione che subiscono molte madri.

Tornando alla trama del film, Maria ne uscira ‘con acuto dolore, ma con dignità. Il suo unico non riscatto sarà alla fine quello di sposarsi comunque con Ignacio che necessita di una donna che badi ai tre figli avuti dalla prima defunta moglie. Tutto qui. Vince l’accettazione rassegnata, da cui lo sguardo svuotato della protagonista nel fotogramma iniziale / finale del Film.

Tutti gli attori sono non professionisti. Eccellente l’interpretazione di Maria Merceds Coroy nel ruolo di Maria. Altrettanto intensa l’interpretazione di Maria Telon nel ruolo di Luana, la madre di Maria.

Belli i variopinti abiti tradizionali di Sofia Lantàn. Azzeccate le musiche di Pascual Reyes che mitigano l’amarezza del film.

Pellicola dal senso triste eppure d’audace dignità. La dignità delle Donne non ricche, non istruite e per questo più vulnerabili ai soprusi di un contesto sociale mostruoso. Da vedere per imparare anche nella nostra società a non essere muti testimoni o ” complici ” di qualche ingiustizia che sicuramente incontreremo.

Romina De Simone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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